L’Associazione Culturale Marginalia, organizza un corso di storia dell’arte a cura di Marco Villani. L’argomento trattato è il quattrocento fiorentino e il corso è aperto a tutti, appassionati, guide turistiche e chiunque desideri approfondire la conoscenza di questo appassionante periodo storico.

 

L’INTELLETTO E LA GRAZIA:

Corso di storia dell’arte

il Quattrocento a Firenze

(da Brunelleschi a Botticelli)

 

Il corso si svilupperà 4 lezioni di due ore il sabato pomeriggio dalle 16,30 alle 18,30

Sabato 3 novembre  – fine corso martedi 24 novembre

Le iscrizioni dovranno pervenire entro fine Ottobre

Per gruppi di almeno 10 persone già costituiti, si possono prevedere anche giorni ed orari diversi

 

Il corso si svolgerà all’interno della Libreria Sit’N’Breakfast, durante il quale sarà sempre offerto un caffè un cappuccino o un succo di frutta

il corso prenderà il via al raggiungimento minimo di 10 persone

 

La quota di partecipazione del corso è di € 98,00 euro a persona.

la quota comprende le lezioni in aula a cura del nostro storico dell’arte con possibilità di visite in esterni con l’ausilio di auricolari collegati al microfono del docente per migliore ascolto. Proiezioni ed inoltro delle diapositive corredate da note su vostra mail.

La quota si potrà saldare tramite bonifico bancario utilizzando il codice Iban qui riportato 

COD. IBAN  IT41 J030 6921 5311 0000 0002 976

Intestato ad: Associazione Culturale Marginalia Prato

oppure direttamente in loco il giorno della prima lezione

 

Per iscrizioni e informazioni:

info@associazionemarginalia.org – iniziative@associazionemarginalia.org

tel 366 4475991 – 329 3075760

 

PROGRAMMA 

 

L’INTELLETTO E LA GRAZIA:

il Quattrocento a Firenze  (da Brunelleschi a Botticelli)

Introduzione

 

Quando l’età moderna ha inizio (siamo nel Quattrocento), a Firenze si afferma la cultura umanistica, che in breve tempo segnerà una nuova direzione per tutta l’arte italiana ed europea. 

 

Con l’Umanesimo emerge un pensiero non unicamente laico, non unicamente religioso, che vede la propria identità nel mondo antico, senza però negare la prevalenza della tradizione cristiana.

 

Superando alcuni rigidi schematismi di forma e contenuto, aspetti mentali di un’epoca che verrà poi definita medioevo, l’uomo di lettere e l’artista ritrovano nell’antico un modo più autentico di pensare e rappresentare l’uomo e la sua natura.

 

Per questi nuovi intellettuali, vedremo, la natura dell’uomo e le rappresentazioni che ne ha dato l’antichità coincidono in una sintesi inscindibile, sono in pratica la stessa cosa: ecco perché, alcuni secoli dopo, verrà elaborata l’espressione, così abusata ormai e semplicistica, di Rinascimento. 

Il punto cruciale è che le idee e le forme prodotte dal mondo antico nell’arte umanistica non venivano semplicemente evocate, ma rivissute come una condizione presente.

 

Ciò che accade a Firenze in quel momento, non accade altrove, o almeno: non accade allo stesso modo.

La figura umana, nell’arte, raggiunge la sua integrità di proporzione e la pienezza comunicativa (gesti, espressioni): integrità e pienezza libere finalmente da ogni forzatura simbolica, ed è come se all’uomo venisse restituita definitivamente la sua ragione di essere nel mondo.

 

il programma, in sintesi

 

C’è una data che segna l’inizio di questo nuovo percorso, ed è il 1401: a Firenze viene indetto un concorso per le nuove porte del Battistero. I partecipanti dovranno presentare una formella bronzea raffigurante una scena sacra. 

Vincono le proposte diverse di Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti (al quale poi verrà assegnato l’incarico intero): in entrambe viene mostrato un modo inedito, basato sul pensiero umanistico, di raccontare le vicende umane in relazione con il divino.

Con gli anni, poi, la lezione intellettuale del Brunelleschi si farà dominante. 

Egli recupera la perfezione delle muraglie antiche, delineate in un disegno cristallino di armonia platonica, e diventa il maestro della prospettiva lineare per tutti i pittori delle nuove generazioni.  

Il suo genio architettonico viene posto al servizio della famiglia dei Medici, per i quali egli progetta la ristrutturazione del complesso di San Lorenzo. Ma, soprattutto, Brunelleschi inventa per Firenze forma e struttura della Cupola di Santa Maria del Fiore, opera immane che segna un vertice della civiltà artistica moderna. 

 

Intanto, amici e insieme allievi del grande Brunelleschi, Donatello e Masaccio (una lunga vita il primo, una vita troppo breve il secondo), svettano con i loro capolavori di scultura e pittura sulla prima generazione umanistica fiorentina, la quale conosce il suo culmine quando si afferma il potere politico ed economico (e il carisma intellettuale)  di Cosimo de’ Medici.

 

Nei primi decenni del 400, la bottega artistica più importante è quella del Ghiberti, che continua il suo impegno nei cantieri della Cattedrale e del Battistero, per il quale realizzerà entro il 1452 il capolavoro estremo della fusione in bronzo (dorato!): la Porta del Paradiso.

 

Fioriscono le botteghe, e si succedono, spesso in competizione tra loro, artisti che esibiscono scelte intellettuali differenti: Filippo Lippi, che esalta splendidi scenari terreni mascherati da paradiso, il mistico Fra’ Giovanni da Fiesole (il Beato Angelico!), e Paolo Uccello, pittore di battaglie e cavalieri fermi all’interno di vertiginosi giochi prospettici. 

 

Ma la figura dominante della seconda generazione umanistica è senz’altro Leon Battista Alberti, mente universale, scrittore del papa, trattatista influente (pensiamo al De Pictura pubblicato in un anno decisivo, il 1436) e architetto continuamente in viaggio tra Roma, Firenze e i centri più attivi della cultura italiana. 

L’Alberti firma per i Rucellai il Palazzo di famiglia e la facciata di Santa Maria Novella, personale rivisitazione in marmi rigorosamente bianchi e verdi del classicismo (allora creduto antico a tutti gli effetti!) del Battistero e di San Miniato al Monte. 

 

Se l’Alberti rappresenta l’apice intellettualistico di questa cultura, esiste anche un punto di effettiva convergenza tra arte e tradizione artigiana. Luca della Robbia, formatosi nella scultura in marmo, elabora e inventa la tecnica della terracotta invetriata, che poi diventerà esclusiva di famiglia per generazioni, disseminando la Toscana di capolavori di facile riproducibilità e grande resistenza alle intemperie. 

 

Accade anche l’opposto, che la pratica artigiana si elevi alla trascendenza della grande arte, cosa evidente quando si studiano e conoscono le opere di due artisti affermati anzitutto come orafi: Antonio del Pollaiolo e Andrea del Verrocchio.

 

Sappiamo che figlio nobile della bottega del Verrocchio fu Leonardo, artista destinato a chiudere i conti con la visione prospettica ereditata dal Brunelleschi. L’impostazione scientifica, che nella sua pittura si risolve in poesia visiva, apre una strada che conduce però ad un nuovo secolo, quasi diretto verso la scoperta di un nuovo mondo.

 

Ma noi ci fermiamo prima, sullo scorcio del secolo e non oltre: l’idea è di restarvi confinati come dentro a un recinto magico in cui si accumulano immagini colme di grazia e malinconia. 

Sono immagini ancora regolate da quel che resta di una impostazione geometrica e razionale degli spazi, ma agitate da una linea elegante che le rende inquiete…

È il mondo di Sandro Botticelli, pittore di immaginazioni concepite spesso in accordo con il pensiero di Lorenzo de’ Medici (il Magnifico), uomo politico concreto ma anche poeta consapevole della fugacità della bellezza. 

 

Con l’artista che mise in scena la favola della Primavera si chiude questo primo secolo dell’Umanesimo, nel momento in cui a Firenze declina la stella dei Medici e ascende l’astro severo del Savonarola. 

E fu forse proprio il Botticelli, in quei giorni difficili, a comprendere che deve esistere una bellezza che va oltre l’instabilità del mondo, ed è quella che ha radici in un possesso che non può essere materiale, perché è riposto nelle cose dello spirito. 

 

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